DIstrazione

POICHÉ negli ultimi tempi gran parte dell’industria editoriale e culturale si è degradata, perseguendo il profitto come valore assoluto e perdendo di vista il proprio progetto e la propria missione, con la connivenza di molta critica letteraria, si rende necessario offrire strumenti di valutazione indipendenti, in grado di misurare obiettivamente la qualità dell’offerta editoriale e delle politiche culturali, nell’esclusivo interesse dei fruitori. Continua a leggere

Fenomenologia di Walter Veltroni

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Questo è uno dei passi più significativi di Ciao, l’ultimo romanzo di Walter Veltroni. La prima impressione che si ricava è la netta obsolescenza del messaggio, che indica un’incapacità dell’autore di stare al passo coi tempi.

Oggi, come vediamo dall’affermarsi degli chef e dei talent-show di cucina in tv, il messaggio di Veltroni è assolutamente superato. Secondo la nuova impostazione mediatica, nell’immagine-messaggio che si vuol far passare, l’uomo che non sa cucinare o non vi si cimenta per impararlo diventa un uomo di serie B, se non un minus habens. Dunque, la situazione narrata da Veltroni, che vorrebbe identificare una cifra esistenziale, risulta del tutto perdente. Molto probabilmente l’autore non lo sa, perché non è aggiornato e forse non è più in grado di respirare lo spirito dei tempi, anche perché è sempre stato protetto – e ancora lo è – da un sistema d’impronta politico-egemonica che ne garantisce la presenza e la posizione, a prescindere da ogni condizione ambientale.

Dunque, oggi Walter Veltroni assume una sua fenomenologia, che va vista in quel disegno di egemonia cultural-editoriale che egli sta tracciando col sostegno sia dei suoi sodali (quali Michele Serra, Francesco Piccolo, Fabio Fazio ecc.), sia dei giornali e degli spazi televisivi consociati. La presenza capillare e permanente, la produttività di libri costante, il messaggio ripetuto e consolidato, gli appoggi politici indiscutibili, gli strumenti più efficaci a disposizione, servono a persuadere il pubblico dei lettori dell’imprescindibilità della sua presenza. Una macchina propagandistica formidabile, che punta ad affermare il concetto secondo cui oggi chi legge e consuma cultura – e politica – non potrà non leggere Veltroni. Questo l’obiettivo da raggiungere.

L’affare Mondadori-Rizzoli: l’analisi di Amleto De Silva e John Tevis

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John Tevis – Amleto, era inevitabile che l’acquisizione di Rcs Libri da parte di Mondadori facesse parlare quelli che amano il libro. Io ho cominciato ad amarlo meno, il libro, ma è un problema mio. Molti hanno detto la loro, spesso in senso negativo. Così, sul social sono seguiti i commenti ironici e di sufficienza degli addetti ai lavori: col sopracciglio alzato, le hanno definite discussioni da “neo-tromboni” che credono di saperla lunga, o hanno fatto notare che nella sostanza non cambia nulla, perché le sigle editoriali restano quelle e funzioneranno come prima.

Amleto De Silva – Non penso che amare meno i libri sia un problema solo tuo. Ti confesso che succede anche a me, che sono cresciuto a pane e libri. È che quando stai lì a discutere di distribuzione, acquisizioni, editing, chitammuorting, alla fine ti passa la voglia. Aggiungici pure che molti degli scrittori italiani sono dei cialtroni talmente supponenti che ti vien voglia di distogliere lo sguardo al solo vederli, e il gioco è fatto. Dopo che hai visto un premio Strega o un Campiello, è ovvio che ti viene voglia di guardare Barbara D’Urso, che almeno ha un bel culo. Continua a leggere

File 79: downgrading del Premio Strega 2014

Il precedente rating da noi attribuito all’edizione 2013 del Premio Strega, per l’opera di Walter Siti Resistere non serve a niente, è stato BBB+, per il buon tentativo di recupero della qualità letteraria che per decenni ha distinto questa manifestazione. L’outlook, tuttavia, era negativo, perché le opere poste in concorso risultarono troppo disomogenee nella qualità, viziate da un tasso di omologazione medio-popolare che ne inficiava il livello, rendendo il Premio non rappresentativo dell’autentico patrimonio letterario italiano contemporaneo.

Nell’edizione 2014 del Premio Strega, quell’outlook negativo è stato purtroppo confermato dai fatti, con la premiazione del romanzo Il desiderio di essere come tutti di Francesco Piccolo, edito da Einaudi. L’opera, né saggio né romanzo, intende essere la “riflessione definitiva” sugli ultimi trent’anni di vita italiana, visti attraverso il filtro della passione politica di sinistra. Alla nostra analisi, tuttavia, essa è apparsa simile a una serie di esercizi di riflessione poco omogenei, in cui l’ironia studiata e lo stile forzatamente semplice generano un risultato artificioso, poco credibile, tipico di un prodotto editoriale studiato a tavolino.

A dispetto delle intenzioni, lo scontro fra ideologia e realtà proposto da Piccolo viene espresso sostanzialmente attraverso testi e perifrasi tratti da altri autori, o da discorsi dei grandi uomini politici dell’epoca: la narrazione, totalmente autoreferenziale, appare povera di contenuti originali, che soli avrebbero potuto dare consistenza all’insieme. Inoltre, l’appoggiarsi a fattori storico-sociali, cronachistici e di costume rende la struttura fragile, incapace di reggersi da sé, in più punti pretestuosa e non convincente. Il meccanicismo e la prevedibilità dello stile non riescono a conferirvi una personalità, rendendo il risultato complessivo scadente e poco efficace. Continua a leggere

Premio Italo Calvino: la risposta ai rischi di elusione fiscale

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Di fronte alle pressioni giunte da più parti e ai dubbi sulla regolarità fiscale, il Premio Italo Calvino decide di rinunciare all’attività collaterale assimilabile a quella di agenzia letteraria, svolta all’interno dell’Associazione culturale:

Negli ultimi due anni, in via sperimentale, si è proposto agli autori una sorta di contratto (una scrittura privata), da stipulare volontariamente, in base a cui l’autore affida per un certo periodo il proprio testo al Premio, e il Premio trattiene per sé una percentuale degli eventuali proventi, percentuale che si conta sulle dita di una sola mano. L’idea era nata col venir meno dei finanziamenti pubblici alla cultura (sono noti i problemi di bilancio di Comuni, Province e Regioni, e, come si sa, i primi tagli sono stati fatti al settore in cui noi operiamo, considerato improduttivo). Bisogna dire che i proventi che possono derivare da una simile iniziativa sono piuttosto esigui: chiunque conosca il mondo dell’editoria sa quanto poco si offra agli autori esordienti. Ci si può pagare giusto le telefonate e poco più. Pertanto quest’anno tale modalità di finanziamento verrà sicuramente abbandonata.  Naturalmente continueremo con la nostra opera di intermediazione, ma cercheremo altre strade di sopravvivenza economica.

https://giovannituri.wordpress.com/2015/03/03/qualche-domanda-sul-premio-italo-calvino

Il Premio Italo Calvino elusore del fisco?

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Negli ambienti letterari che contano – almeno in quelli nostrani – l’arma più usata, contro chi contesta operazioni o atteggiamenti censurabili, chiedendone conto e spiegazione, è il SILENZIO. Silenzio che vorrebbe sembrare l’aristocratica indifferenza di chi – considerandosi migliore – non ritiene l’interlocutore credibile e degno di risposta. Ma questo atteggiamento, nel caso in questione, può diventare come una maschera di carta velina: in pratica, sembra che il Premio Letterario Italo Calvino occulti un’attività di agenzia letteraria dietro il paravento dell’Associazione culturale.
Se così fosse, e un chiarimento in tal senso da parte degli interessati sembra opportuno, sarebbe un comportamento degno dei tipici Furbetti Del Quartierino, di cui il nostro Paese e pieno: non “aristocrazia”, dunque (aristos = i migliori), bensì i meschini Furbetti Del Quartierino, elusori del Fisco e sfruttatori della credulità degli aspiranti scrittori.

http://bookblister.com/2015/02/20/il-silenzio-larma-del-gradasso

Il premio Calvino e la trasparenza

keep_your_mouth_shut_calvino Il Premio Calvino, che ha svolto tanta attività di scouting e di sussidio alla letteratura italiana, da qualche tempo si è trasformata in cripto-agenzia letteraria. Senza evidenziarlo, contraddicendo le stesse norme di partecipazione al Premio che ha imposto.
Presto un’inchiesta di Tevis & Partners.

Il Premio Calvino offre un servizio di rappresentanza, come una agenzia letteraria. Servizio che però non viene apertamente dichiarato. Abbiamo chiesto perché, ma la risposta tarda ad arrivare. “Risponderemo in modo meditato” così scriveva su questo blog la segreteria del Premio (chi non è dato saperlo, il commento non era firmato). Era lunedì mattina. Oggi è giovedì mattina. Meditato, signori?

http://bookblister.com/2015/01/22/il-premio-calvino-e-la-risposta-meditata

Leonardo Colombati vs/ Massimiliano Parente. 8: agguati e ultimi commenti

Qui si conclude la serie di commenti – i più significaivi – all’articolo pubblicato da Leonardo Colombati nel 2007 sul defunto blog Vibrisse.it, sotto la silente supervisione di Giulio Mozzi.
I testi che seguono non sono più disponibili in Rete.

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– commentatore “Lufock Holmes”

Allora Colombati, noi ci conosciamo.
Non benissimo. Neppure bene, ma ci siamo incontrati ed abbiam parlato un bel pò.
Il problema non sei tu, anche se Parente ritiene, con ben argomentate ragioni, che tu sia proteiforme. Siamo in Italia, ahimè, non in Svezia… se facessimo di ciò un peccato capitale l’intera penisola, tranne due o tre Noè, dovrebbe bruciare nelle fiamme della Gheenna…
Il problema è la marchetta di D’Orrico.
E’ il trepido peana a queste tre colonne della letteratura contemporanea, con tanto di suffisso -ismo proprio delle scuole di pensiero… Piperno, Saviano, Colombati…che messi insieme hanno pubblicato 4 libri in croce e già si permettono di indicare l’opera di un illustre sconosciuto quale capolavoro assoluto degli ultimi 50 anni.
Dimenticando Sciascia e Bufalino e Calasso…e chi più ne ha più ne metta.
Questa, Colombati, è una parte del problema.
Sono l’atteggiamente da maitre a penser Trasteverino, l’incredibile affermazione di scrivere “per ricchi”, l’aver dedicato un libro alla descrizione di un mondo che palesemente non conosci e per cui dimostri invece lipido, pardon libido (quello fuori delle colonne d’Ercole del Caffè della pace, di Colombini o del Greco, per intenderci…un esempio valga per tutti gli altri…un finanziere ebreo basta che faccia uno squillo al cugino romano e la ricetta dell’amatriciana filologicamente corretta gli arriva incorniciata con l’autografo della zia… forse tu intendevi “finanziere californiano”) che mi rimandano all’Italia dei telefoni bianchi, la volenterosa, velleitaria olografia immaginata dal fascismo “borghese” per dare ai ceti privilegiati di quella specie di Marocco che eravamo nel ’40 (ma anche nel ’50 e ’60…evviva il neorealismo che ci permette di saperlo) la sensazione di essere a la page e soprattutto alla pari con gli altri paesi occidentali…
Queste sono le altre parti del problema.
Ora, se vuoi scrivere così e c’è chi ti legge (me incluso, l’ho già ordinato, non sarebbe serio a questo punto non comprarlo e non leggerlo in toto, nonostante l’istintiva avversione per il Manzoni del 2007, tal Ravensburger o giù di lì ), nulla quaestio.
E’ invece indecente prestarsi così allegramente e con tanto compiacimento alla marchetta di un critico di regime.
Dà la sensazione che anche tu, anche De Siati, anche Piperno, anche Saviano siate “di regime” … ciascuno rivolto a coprire scientificamente una specifica fascia di lettori … tu gli pseudo-pariolini, Saviano gli antagonisti assimilati, De Siati i giovani cattocomunisti precarizzati, Piperno i più raffinati ed esangui Riva-dipendenti.
Non lamentarti quindi troppo delle critiche che hai ricevuto o che riceverai, sia perchè hai prestato loro ampiamente il fianco sia perchè ci sarebbe ben di peggio da dire.
P.s. Ad ogni modo è evidente che se fossi mai preso dalla fregola masochista di voler scrivere qualcosa su di un politico italiano Il cavaliere mascarato sarebbe l’unica possibilità…
Continua a leggere

Leonardo Colombati vs/ Massimiliano Parente. 7: commenti e polemiche mondane

Prosegue la serie di commenti – i più significativi – all’articolo pubblicato da Leonardo Colombati nel 2007 sul defunto blog Vibrisse.it, sotto la silente supervisione di Giulio Mozzi.
I testi che seguono non sono più disponibili in Rete.

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– commentatore

onestamente, caro colombati, di cosa ti lamenti? dopo quello che hai dichiarato sugli scrittori italiani – perchè le hai dette tu quelle cose, nevvero, su quanto siano dei poveracci puzzolenti di sugo – i suddetti letterati ti restituiscono la cortesia. eggià perchè nonostante tu sia uno dei tre salvatori della letteratura italiana e nonostante l’eleganza, in verità un po’ algida, della tua pagina e l’innegabile tecnica che la sorregge, alla fine, come ti è stato spiritosamente fatto notare, e spero non te la sia presa!, proprio tu all’amatriciana vai a finire. e poi, oltre tutto colto come sei dovresti saper distinguere tra scrittore e scrittore. essi non sono tutti uguali. o forse ogni tanto fai qualche confusione come il protagonista del tuo romanzo che invitato a capalbio, anni 90, dal suo amico, mitico snobissimo scrittore, si immagina, meschino, nell’atto di stringere la mano a giacomo leopardi. GIACOMO LEOPARDI. a capalbio, anni 90. una scivolata imbarazzante. be’, ce ne sarebbero altre – un’altra proprio dello stesso tipo: andando al casino, sempre con lo stesso mitizzato scrittore, il protagonista confessa: era come andare al casino con alessandro manzoni. ALESSANDRO MANZONI. un’ annotazione degna di alvaro vitali e non di uno come il protagonista che pure non è uno sprovveduto – legge amis, cita james, ammira molto originalmente pasolini. e potrei continuare. ma in ogni libro se ne contano tante, di scivolate. spesso, sono l’unica cosa divertenete. quindi, caro colombati, un po’ di umiltà non guasta e certi toni da parvenu – fatemi largo che adesso arrivo io e tutto il resto è noia – lasciali a parente. lui che è così coraggioso che attacca perfino il suo amico sgarbi. e gratis. perfino. Continua a leggere

Leonardo Colombati vs/ Massimiliano Parente. 6: la gogna dei commenti

Qui comincia la serie di commenti, più o meno velenosi, all’articolo pubblicato nel 2007 da Leonardo Colombati sul defunto Vibrisse.it, sotto la silente supervisione di Giulio Mozzi.
I testi che seguono non sono più disponibili in Rete.

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– V. B. (oggi scomparso)

Guarda, io sono uno di quelli che nei commenti ai blog ti ha sparato addosso più volte e anche qui. Non ti conosco e ovviamente non ce l’ho con te, e nemmeno coi tuoi libri che non ho letto ma con la maschera che ti sei scelto, e di questo devi essere consapevole. D’Orrico fa il suo mestiere, e secondo me lo fa bene, ma non si inventa i personaggi: i personaggi glieli danno gli scrittori, con la faccia che scelgono di avere sul mercato editoriale e naturalmente deve c’entrare coi loro libri.
Perceber mi sembrava uno che dice di voler superare il romanzo prima di averne scritto uno.
Rio con la faccenda dei tinelli e associato al tuo amico Piperno col suo borghese proustiano e pipparolo mi sa di sberleffo alla miseria fuori tempo massimo (si vede che siete stati adolescenti negli anni Ottanta: la commedia è finita, e adesso sono dolori, ragazzi).
Dirai: sensazioni sulle copertine, poco più che gossip. E’ chiaro: nel ciberspazio si vive di questo: simulacri. E mi aspetto altrettante botte per il diavolone qui sotto. Ma quando uno si sente offeso qua intorno è meglio che ricordi che il colpo non era diretto a lui, ma al suo avatar.
Ti scrivo tutto questo perchè invece in questo post sento un uomo e un artista vero, incazzato ma con dignità. Mi dispiace di esserci andato pesante. E forse leggerò il tuo libro.
Senza rancore.
Continua a leggere

Leonardo Colombati contro tutti. 5: D’Orrico, Berlusconi, Omero, ricchi e palazzinari

Nella parte conclusiva dell’articolo-contumelia pubblicato nel 2007 sul defunto Vibrisse.it, Leonardo Colombati torna a citare Antonio D’Orrico, vera pietra dello scandalo in questa diatriba pseudo-letteraria.
Scrittori ricchisti e scrittori poveristi, quartiere Parioli, palazzinari, clochard, D’Alema, Berlusconi, I Buddenbrook e Omero: un rimescolone notevole, il cui filo conduttore porta ai soliti vizi
della società letteraria nostrana, nella versione capitolina.

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Questo, quanto all’emerso. Ma c’è pure il sommerso: decine di e-mail, di telefonate e di sms tra il livoroso, il paternalistico e lo sdegnato (c’è stato anche un critico che ha inviato il seguente sms al suo giro di amici: “Colombati pagherà caro, pagherà tutto). Il motivo? Sta nel fatto che io abbia dichiarato a D’Orrico: “Rivendico la grandezza di Berlusconi dal punto di vista professionale: è un personaggio enorme”. Nel romanzo, il protagonista chiede agli scrittori radical-chic di Capalbio: ma non vi rendete conto che Berlusconi è l’unico mito che questo paese ci ha regalato negli ultimi vent’anni? Un dono del cielo così come Kennedy e Hoover lo sono stati per la letteratura americana? O forse avete intenzione di scrivere il romanzo definitivo sulle ganascette di Prodi, sulle sciarpe di Scalfaro, sugli origami di D’Alema? Apritevi alla Bellezza di ciò che è Osceno, fateci intendere che ne godete!”. Continua a leggere

Leonardo Colombati vs/ Massimiliano Parente e Antonio Scurati. 4: l’articolo-contumelia

Questa è la prima parte dell’articolo-contumelia che Leonardo Colombati – già redattore di Nuovi Argomenti e membro dell’entourage del fu Enzo Siciliano – pubblicò nel marzo 2007 sul defunto Vibrisse.it di Giulio Mozzi.
Qui Colombati risponde duramente all’attacco sferratogli da Massimiliano Parente su
Libero e agli interventi ostili di Renzo Paris su Liberazione e di Antonio Scurati su Il manifesto. Il nome più menzionato nell’invettiva risulta quello di Antonio D’Orrico, considerato la vera pietra dello scandalo (lo si vedrà anche nello sviluppo dei commenti all’articolo), in quanto artefice di una potente promozione sul magazine Sette (del gruppo Rcs) del libro di Colombati (pure del gruppo Rcs). Si evocano ambigue relazioni amicali, furbizie consortili e scorrettezze sulla stazza fisica dell’autore. Viene menzionato anche il mostro sacro Roberto Saviano.
I grassetti sono stati mantenuti conformi all’originale.

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Il 7 marzo è uscito il mio nuovo romanzo, Rio, a proposito del quale, il giorno successivo, il Magazine del Corriere della Sera ha pubblicato un lungo articolo-intervista a cura di Antonio D’Orrico.
Molti critici letterari, si sa, hanno in odio D’Orrico: per i suoi giudizi trancianti sulla narrativa, per le sue idiosincrasie, per i suoi miti, per il taglio spesso polemico dei suoi pezzi e (soprattutto) per il suo successo, e cioè per il fatto che egli sembra aver stabilito un contatto profondo coi suoi lettori.
D’Orrico, per le menti raffinate ed engagée delle terze pagine dei giornali, è visto come un grossolano book-jokey, un elefante in una cristalleria. Ma, a proposito della cristalleria, non mi sembra ci sia molto da rompere se gli articoli son quelli che velocemente qui passo in rassegna. Continua a leggere

La lite Leonardo Colombati / Massimiliano Parente, con antefatto di Antonio D’Orrico. 3

Tratto da una dispensa di Oblique Studio del 2008, si conclude il racconto dell’antefatto della grossa lite avvenuta l’anno prima – sul sito Vibrisse.it – fra l’allora caso letterario Leonardo Colombati e Massimiliano Parente, col corollario di altri agguerriti commentatori.

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D’Orrico, l’uomo che urla al megafono (3)

 

Leonardo Colombati

«Qui comincia il post-pipernismo. E, cioè, siamo alla terza puntata della narrativa italiana nata nel XXI secolo». Queste le parole di D’Orrico in un articolo del 9 marzo 2007 in cui lancia Rio (edito da Rizzoli).

Un articolo incentrato sulla politica, con ampio spazio all’elogio della figura di Berlusconi, apprezzabile secondo il giornalista e secondo lo stesso autore del libro, da contrapporre alle figure «sfigate» della sinistra.

«Allora è vero, come si dice nel giro letterario degli sfigati, che Colombati è uno scrittore di destra, uno che scrive sul Giornale?». D’Orrico gioca sulla provocazione per costringere i colleghi delle altre testate a parlare di questo autore. Non è importante che se ne parli bene, purché se ne parli. Purché compaia su tutti i giornali. Purché qualcuno si schieri e possa ingaggiare un “botta e risposta” per qualche mese.

«La sera Colombati mi invita a casa sua. Ci sono anche Alessandro Piperno e Roberto Saviano e propongo un brindisi a tutti e tre: i salvatori della letteratura italiana».
Non è una sorpresa: Colombati e Piperno sono amici. Se promuovi uno devi promuovere necessariamente anche l’altro. Evviva i salvatori della letteratura.

[Da questo punto nasce la diatriba che si sviluppò nel 2007 sull’allora Vibrisse.it, sotto la silente supervisione di Giulio Mozzi. I testi che seguiranno, non essendo più disponibili in Rete, sono da considerarsi attualmente un’esclusiva.]

(segue)

Dall’archivio: la lite Leonardo Colombati / Massimiliano Parente, con antefatto di Antonio D’Orrico. 2

Tratto da una dispensa di Oblique Studio del 2008, riproponiamo qui il racconto dell’antefatto di una grossa lite – officiata da Giulio Mozzi, dominus di Vibrisse.it, sito non più esistente – avvenuta l’anno prima fra l’allora caso letterario Leonardo Colombati e Massimiliano Parente, con il corollario di altri agguerriti commentatori.

Qui vengono spiegate le situazioni che prepararono il terreno allo scontro che documenteremo – attualmente in esclusiva, poiché i testi non sono più disponibili in rete.

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D’Orrico, l’uomo che urla al megafono (2)

Fondamentale, allora, riassumere brevemente iprecedenti casi dorrichiani. Utile per allenare l’occhio a leggere oltre il semplice articolo, a capire le dinamiche dei “botta e risposta” giornalistici o le motivazioni che spingono a schierarsi pro o contro un determinato autore e a far sì che un libro diventi un caso letterario.

Rosa Matteucci
Il 4 settembre del 2003, su Sette, D’Orrico scrive: «Viva Anna Karenina e abbasso chi, come ha fatto una poveretta pubblicata da Adelphi, la nomina invano nel titolo di un suo libro orribile (ma anche dire orribile è dire troppo, in altre civiltà per reati molto meno gravi di questo tagliano le mani)…».
Il libro in questione era Libera la Karenina che è in te di Rosa Matteucci, edito da Adelphi. Libro di un’autrice colta ma certamente anomala rispetto al panorama letterario italiano. Ma è indubbio che definire “poveretta” un’autrice pubblicata da Adelphi, e ironizzare sulla legge del taglione per il reato di lesa letteratura, è un segno di cattivo gusto. Continua a leggere

Dall’archivio: la lite fra Leonardo Colombati e Massimiliano Parente, con l’antefatto di Antonio D’Orrico. 1

Tratto da una dispensa di Oblique Studio del 2008, riproponiamo qui il racconto dell’antefatto di una grossa lite – officiata da Giulio Mozzi, dominus di  Vibrisse.it, sito non più esistente – avvenuta l’anno prima fra l’allora caso letterario Leonardo Colombati e Massimiliano Parente, col conseguente corollario di altri agguerriti commentatori.

Di seguito vengono spiegate le situazioni che prepararono il terreno allo scontro che documenteremo – attualmente in esclusiva, poiché i testi non sono più disponibili in Rete.

ANTONIO D'ORRICO

D’Orrico, l’uomo che urla al megafono

«Questa edizione dei Romanzi di Pratolini (Mondadori, pag. 1655, 70mila lire) è così piena di refusi da risultare comica. Va bene che ormai i libri sono come i detersivi, ma in giro non vediamo in vendita fustini di Dixan con i pidocchi. Se la nostra fosse davvero un’industria culturale ci sarebbe materia perqualche provvedimento…».

Era il 1995, l’allegato del Corriere della Sera si chiamava ancora Sette, Berlusconi aveva appena messo le mani sulla Mondadori e un nuovo tipo di marketing editoriale iniziava a delinearsi con critiche giornalistiche sempre più aggressive e irriverenti. Antonio D’Orrico iniziò a imporsi alla stampa con decine di pagine su nuovi autori da coccolare, e decine su quelli da stroncare. Nasce allora, forse, il personaggio che ancora oggi di vide i giornalisti della stampa di tutta Italia.

Una penna, D’Orrico, che scrive un nuovo tipo di critica letteraria, quella che in tanti definiscono Marketting, commenti spietati o esaltazioni forzate di libri, scrittori e stili letterari. Un modo di imporre un giudizio, più che suggerirlo. Un modo forse eccessivo di costringere anche le altre testate giornalistiche a rispondergli con giudizi altrettanto schierati. Un Marketting che troppo spesso è teso a creare una sorta di rumore mediatico attorno ad amici, colleghi, protetti. Quasi un nuovo modo di concepire l’ufficio stampa. Che dalla finestra di una sola testata costringe la restante parte della stampa a parlare del fenomeno letterario del momento, fenomeno ovviamente scoperto da lui.

Il punto di partenza ineludibile è D’Orrico, e il suo inconfondibile modus operandi: dai suoi articoli emerge infatti “l’Affaire Cappelli”, e nasce un caso piuttosto prevedibile. Prevedibile per il modo in cui i giornalisti di mezza Italia ingaggiano una gara a chi recensisce per primo la recensione di D’Orrico. Prevedibile nella sovraesposizione mediatica, arrivando a far schierare anche il popolo di internet e i giornalisti televisivi. Prevedibile nella durata: cinque mesi di presenza sui giornali con continui richiami dorrichiani sul Corriere ogni qual volta sembra scemare l’interesse. Prevedibile nelle tempistiche di lancio approfittando di storie di attualità per propinare l’autore del momento, agganciarlo a fatti di cronaca e di costume. Prevedibile negli autori promossi: troppo spesso amici di amici, oppure colleghi sotto nomi fittizi o personaggi che sono stati in televisione o sono legati a una casa editrice (nel caso di Cappelli alla Marsilio) che fa parte dello stesso gruppo finanziario del Corriere della Sera, la Rcs. Recensioni che sfociano nella politica, che obbligano la controparte a rispondere con altrettanta verve (come nel caso di Colombati, ora autore Rizzoli). Prevedibile anche il flop del “caso Cappelli”. Perché ormai tiene più banco la critica al recensore che al recensito. Perché sì, D’Orrico risulta anche simpatico, ma la sovraesposizione ha anche un rovescio della medaglia: stanca. Perché le cose non potevano che andare così.

(segue)

File 372/4: declassamento di Michele Serra

9177590590_ddafe7d447_b-640x420Paradossalmente, l’epiteto di “sdraiati” che Michele Serra affibbia agli esponenti delle nuove generazioni finisce per attagliarsi proprio alla categoria a cui egli stesso appartiene. Le sue lamentazioni tradiscono il disagio di chi, non comprendendo e non sapendo come affrontare la barbarie che avanza, resta ai margini senza offrire una scintilla di efficace senso propositivo, limitandosi a un sobbollire critico e ripiegante. Restandone, così, travolto e “sdraiato”, come sotto un rullo compressore.

Ecco allora l’atteggiamento “regressivo” di chi cerca di rimettere al centro le proprie passioni – la scalata del monte, che qui si tenta d’imporre come modello – per ripiegarvisi come in un grembo materno, alla ricerca della realizzazione perduta.

Un atteggiamento deludente, questo di Serra, che si ripercuote sulla qualità narrativa dell’opera, “ammalandone” non solo il tessuto, ma anche la struttura. Continua a leggere

File 372/3: Michele Serra e la sconfitta

maxresdefaultTu sei il consumatore perfetto. Il sogno di ogni gerarca o funzionario della presente dittatura, che per tenere in piedi le sue mura deliranti ha bisogno che ognuno bruci più di quanto lo scalda, mangi più di quanto lo nutre, illumini più di quanto può vedere, fumi più di quanto può fumare, compri più di quanto lo soddisfa.

In questo passo de Gli sdraiati risulta evidente l’identificazione del nemico con l’Occidente capitalista, che sarebbe alla base del disfacimento socio-economico a cui siamo arrivati. Cosa che, a nostro avviso, può essere vera solo in parte: non bisogna trascurare, infatti, il peso che ha avuto l’atteggiamento di ripiego tenuto negli ultimi decenni dall’intellighenzia di stirpe sinistro-comunista. Se si aveva di fronte un nemico tanto pericoloso come il Capitalismo, si rendeva necessario applicare gli strumenti e la mentalità più adatti a combatterlo; invece, l’intellighenzia di sinistra si è lasciata guidare dai calchi culturali consolidati in cui si sentiva protetta, senza decidersi a metterne in discussione l’impianto. Così, si sono lasciati erodere i propri valori e la propria identità in un processo lento ma micidiale. Continua a leggere

File 372/2: Michele Serra e gli sdraiati

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Nell’ultima opera letteraria, il romanzo Gli sdraiati (Feltrinelli 2013), Michele Serra peggiora visibilmente il suo già declinante orizzonte critico, andando ad avvitarsi in una sorta di “invettiva abortita” che, purtroppo, ha reso inevitabile il declassamento del rating.

Qui il tono narrativo adottato dall’autore, tipico di una certa pubblicistica improntata al moralismo di sinistra, scivola verso un repertorio di lamentazioni che richiama l’antico profeta Geremia e il suo famoso Libro contenuto nelle Sacre Scritture.

Là, il messaggio di Geremia toccava temi scomodi e scottanti, da cui la sua fama di profeta disfattista e “sventurologo”, considerato pericoloso per il morale e l’unità della nazione. Ovviamente nessuno lo ascoltava, perché erano più attraenti le parole dei falsi profeti che promettevano un futuro di pace e prosperità: circostanze che, dall’Antichità a oggi, sembrano non aver subìto evoluzioni rilevanti. Continua a leggere

File 372/1: fenomenologia di Michele Serra

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Michele Serra, considerato la coscienza critica della Sinistra italiana, viene definito giornalista, scrittore, umorista, autore televisivo. Un impegno trentennale a tutto campo nella cultura, popolare e non, del Paese.

La satira è stata una delle sue specialità: si veda la rivista Cuore sul finire del secolo scorso. Tuttavia, negli ultimi anni la sua attività satirica sembra essersi ripiegata nella forma dell’esercizio moralistico e coscienziale tipicamente di sinistra, svolto quotidianamente nella rubrica “L’amaca” su La Repubblica.

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La produzione libraria di Michele Serra riguarda soprattutto raccolte di articoli ed elzeviri comparsi precedentemente sulla stampa. L’ultima di queste, Breviario comico (Feltrinelli 2008), sembra voler riprodurre in forma aggiornata i fasti di Sette anni di desiderio di Umberto Eco, pubblicato nel 1983 da Bompiani: là il grande semiologo analizzava il quotidiano a modo suo, attraverso gli articoli apparsi su La Repubblica e L’Espresso a cavallo degli anni Settanta e Ottanta, con quella miscela di attenzione erudita e arguzia moralistico-satirica che ha caratterizzato buona parte dell’identità culturale italiana di fine Novecento. Continua a leggere

Comitati d’affari

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Sta per riprendere, da parte di Tevis & Partners, la pubblicazione delle relazioni di rating per le quali è stato concesso il nulla osta.

In via introduttiva, si presenterà una breve e sommaria analisi di come il mondo editoriale italiano, a differenza di quello straniero, si sia ormai trasformato in un oligopolio – non ci riferiamo a quello industriale, già affermatosi da tempo – di ristretti comitati d’affari in cui:
– emissari di editori dominanti
– gestori di premi e manifestazioni letterario-culturali dominanti
– agenti letterari dominanti
– redattori e caporedattori della stampa
– funzionari, autori e conduttori televisivi
gestiscono di fatto l’industria editoriale per curare i propri interessi, creando e scambiando costantemente fra loro le risorse – in termini di visibilità, di presenza, di reperibilità, di legittimazione – e incanalando il relativo flusso economico nell’alveo del proprio sistema comitale, che ha dimensioni ridotte rispetto alla produzione editoriale complessiva del Paese, ma ne assorbe la quasi totalità dell’alimento.

La circolazione ristretta e l’assorbimento delle risorse avvengono attraverso canali impermeabili dove non fuoriesce nulla, in modo che la parte restante dell’industria editoriale – quella più vasta numericamente, ma denutrita per la costante sottrazione di alimento – non può beneficiare nemmeno degli sfridi e residui di lavorazione, che in un’industria normale potrebbero essere rimessi in circolo a beneficio dell’intero sistema. In questa sottrazione di risorse e gestione clientelare del potere, gli autori non hanno parte se non come pedine eterodirette e senza rilevanza.

Si configura dunque uno sfruttamento oligopolistico-clientelare sempre più sfrenato dell’editoria italiana, che ne impedisce lo sviluppo e ne riduce le risorse, e fa arretrare il Paese nei confronti delle realtà europee e mondiali.

T-File 82/2: Premio Bancarella unrated

bancarella 2012 058L’edizione 2012 del Premio Bancarella, che verrà ricordata per il suo esito nefasto, ha visto vincere il “thriller” medievale Il mercante di libri maledetti di Marcello Simoni, edito da Newton Compton. Un romanzo storico decisamente semplicistico, cosa che non significherebbe nulla di disdicevole, considerato il livello medio della produzione libraria – italiana e straniera – in questo segmento di mercato. Ma il problema, inconcepibile e gravemente ostativo, sorge a monte.

L’articolo 2 del Regolamento del Premio Bancarella recita: “Possono concorrere al Premio i libri di narrativa e saggistica, di autore italiano e straniero, pubblicati per la prima volta in Italia tra il 1° marzo dell’anno antecedente all’assegnazione del Premio e il 28 febbraio dell’anno dell’assegnazione.”

Ebbene, il romanzo di Marcello Simoni era già stato pubblicato in Italia nel 2007, presso la casa editrice Il Filo, col titolo L’enigma dei quattro angeli. Con questa premiazione, dunque, è stato palesemente violato l’articolo 2 del Regolamento, che ha carattere fondante rispetto al funzionamento dell’intera manifestazione. Continua a leggere